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Reviews for The Teaching of Modern Foreign Languages by the Organised Method

 The Teaching of Modern Foreign Languages by the Organised Method magazine reviews

The average rating for The Teaching of Modern Foreign Languages by the Organised Method based on 2 reviews is 3 stars.has a rating of 3 stars

Review # 1 was written on 2016-02-20 00:00:00
2009was given a rating of 4 stars Robbin Young
Un libro che parla della politica americana, della sovversiva logica del capitale, del bisogno di catalogare tutto, comprese le razze (inesistenti biologicamente) per incasellare e censire gli abitanti, di lotte sindacali e di massacri, dei famosi mattatoi di Chicago, così ben descritti da Sinclair in quell’inquietante romanzo-reportage: La giungla, dell’eccesso di democrazia apparente (quasi tutte le cariche sono elettive, fin dalle scuole abituati così) e degli stratagemmi per mettere una pezza a questa “democrazia” con i super delegati, per esempio, che nelle primarie hanno un potere di voto superiore agli altri votanti. Raccontando della città che più di altre ha rappresentato tutto questo. La corruzione, la spinta innovativa, i cambiamenti che, da questa città, sono arrivati fino a noi. Si toccano tutti i temi importanti quali la schiavitù, l’immigrazione, che oggi è cambiata ma si rinnova, come un ciclo. Cambiano le popolazioni ma si ripetono i passaggi cruciali. Interessante poi sapere che la percezione che si ha della discendenza della popolazione americana sia falsata da alcuni fatti storici. Come la percentuale di origine nazionale che pensavo fosse soprattutto anglo-irlandese e invece la prima nazionalità rappresentata come discendenza è quella tedesca con 43 milioni di americani di origine tedesca contro i 30 milioni di irlandesi e i 24 milioni di inglesi. (Gli italiani sono quasi 16 milioni). Questo alla data di quando è stato scritto il libro. E questo perché dopo la prima guerra mondiale molti tedeschi hanno cambiato cognome, molti hotel hanno eliminato i riferimenti alla patria di provenienza, i giornali in lingua tedesca, i panini coi frankfurter (i wurstel, poi rinominati Hot Dog, o Perros Calientes, come li chiamano gli ispanici). Nemmeno sapevo che ci fossero campi di concentramento per tedeschi negli Usa. Come quelli per i giapponesi dopo la seconda guerra mondiale. Interessante anche scoprire le differenze tra i musulmani arabi e quelli afroamericani. Dove la Nation of Islam (compreso Malcolm X) crede (credeva) a una religione dove, e cito: Ecco dunque la cosmogonia dei musulmani neri, come è riassunta da Malcolm X. Dopo che la luna si fu staccata dalla terra, i primi esseri umani, che erano di colore, fondarono la città santa della Mecca. Tra questo popolo negro c’erano 24 sapienti, uno dei quali, in conflitto con gli altri, formò la tribù negra di Shabaz, particolarmente forte, da cui discendono i cosiddetti negri americani. "Circa 6100 anni fa, quando il 70% del popolo era soddisfatto e il 30% insoddisfatto, nacque fra questi ultimi un certo Yakub.” Yakub divenne scienziato, predicò dottrine eretiche alla Mecca tanto che fu esiliato con i suoi 59.999 seguaci nell’isola di Patino, dove millenni dopo l’apostolo Giovanni avrebbe scritto l'Apocalisse. Sdegnato per l’esilio, Yakub decise di creare una razza di bianchi attraverso una selezione genetica: “Sapeva benissimo che gli esseri umani che sarebbero derivati da tale processo sarebbero stati di pelle più chiara e più deboli, e anche più suscettibili di esser preda della malignità e cattiveria. In tal modo egli avrebbe ottenuto quella razza di diavoli bianchi che aveva vagheggiato”. La selezione di una razza bianca dalla razza nera originaria richiese secoli, alla fine dei quali “sull’isola di Patmo c’erano soltanto questi diavoli biondi, dalla pelle chiara e dagli occhi celesti; dei selvaggi nudi e senza alcun senso di vergogna, pelosi come animali, che passeggiavano su quattro zampe e vivevano sugli alberi”. Dopo altri seicento anni, questa razza tornò tra i neri originari e, nel giro di sei mesi, “servendosi di menzogne che spinsero i negri a combattersi l’uno con l’altro, questa razza di diavoli aveva trasformato quello che era stato un paradiso terrestre in un inferno dilaniato dalle lotte e dai contrasti”. Ma la profezia asserisce che, dopo 6000 anni, durante i quali la razza bianca di Yakub avrebbe dominato il mondo, l’originaria razza negra avrebbe dato i natali a un uòmo la cui saggezza, sapienza e potere sarebbero stati infiniti. Costui sarebbe stato, naturalmente, Elijah Muhammad. E l’autore giustamente aggiunge: Sarebbe sbagliato sorridere di fronte alle enormità di cui è costellata e intessuta questa saga. E non solo perché decine di migliaia di persone vi credono, il che sarebbe già una buona ragione. Chi saremmo mai noi per disprezzare queste credenze, quando migliaia di paralitici cattolici si recano ogni anno a bagnarsi nell’acqua sporca di una vasca in una grotta francese sperando in un miracolo? Insomma, evitare di sorridere è difficile, specie se sei ateo e già ti fanno sorridere le sciocchezze delle altre e della religione del paese dove sei cresciuto. Però rimane affascinante da un punto di vista scientifico come le persone, in ogni parte del globo, abbiano bisogno di credere in qualcosa, anche di assurdo, pur di star bene a dare delle pseudo risposte a ciò che non capisce. Da chi crede agli spiriti della foresta a chi in Joseph Smith. Sicuramente non ricorderò tutto, perché ci sono elenchi di nomi di sindacalisti e politici che non mi dicono nulla. Ma è sicuramente un libro interessante per capire alcuni modi di vivere, di pensare e d i agire degli americani, sia come popolo, sia come dirigenti. Affiancato a Storia del popolo americano di Zinn è un ottimo libro per capire il contrasto tra il marcio e il luccichio di questo paese complesso.
Review # 2 was written on 2008-10-19 00:00:00
2009was given a rating of 2 stars Joseph Plewa
So...my OCD prevented me from just putting the book down for good, so I finished it with the concession that I skimmed large portions that were too aggravating. And in the end, he never redeemed himself. My review below from earlier (I had been only a few chapters in) is still true. Basically, he's an Italian sociologist with a lot on his mind to say about America and modernity and he happened to live in Chicago when he realized that Chicago serves as a good example of modernity at work under the American model. So then, he just goes at it...one cliche after another. So many of the books he refers to or used in his research are books I have read or that are on my list to read and it feels like he's just taking all those books and sort of cobbling together a piecemeal arguement to connect them altogether using "Chicago" as the glue. But, he really only skims the surface of many of the theories from these books and he applies them very haphazardly and irresponsibly to examples from all over history and all over different cities in the U.S. Because of this, he undermines the basis of his entire book because the broad generalizations he makes cannot be pegged down to Chicago specifically or to certain periods of time, specifically. It's just a mess. It's such a disappointment because the topics he hits are pretty much ALL the topics I'm interested in and he's clearly well-read, but it feels like a college final paper where the student kept up with all the reading during the course, but failed to come up with a decent thesis for his paper, so the night before he just sort of wrote summaries of each book, made some point about each was connected to "Chicago" and/or the "problems of modernity," and then called them chapters. Additionally, the writing was sometimes so sloppy (maybe it was a translation issue) and used such superlatives and broad statements, that they bordered on misrepresentations and lies. I would say the only positive thing is the breadth of information he does provide, which was the only thing that kept me reading. But, it was such a minefield in terms of what was true and what wasn't, I took it all with a huge grain--make that a shaker--of salt. Ugh, what a disappointment. ------Review from before------ I'm not finished with the book yet, but I was frustrated enough that I want to put a note here about my experience so far. Now, I am certainly the first person who would enjoy a book that takes a critical look at American society, especially in terms of urbanism and post-modernity, even more especially compared to European models. But, it's hard for me not to say that the inaccuracies and mis-characterizations in this book indicate an astounding lack of intellectual rigor and insight in the creation of this book. Due to the fact that the author is European (the book is translated from Italian) combined with the fact that it was published in 2000 (a lot has changed in eight years), D'Eramo writes in well-worn (and largely untrue) cliches about the differences between the U.S. and Europe (with the European way unequivocally always better) and makes sweeping generalizations and platitudes that can be just plain wrong (or the sort of ignorant observation that can be made without backup research) or so close-minded as to completely disregard the changing tide in American urbanism (which was already evident by 2000). All of which services to make his book feel vindictive and outdated. All that said, there are tidbits of truth and interesting questions posed, so I will continue to read, hoping he redeems himself.


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