Garcilaso de la Vega and the Italian Renaissance Book

Alle superiori, in Italia, a tutti tocca affrontare Dante, e in genere oltre alla sua Commedia ci parlano del De Vulgari Eloquentiae e del Convivio. Ma mai che li si legga, e probabilmente è un bene, perché a quell'età oltre a risultare noiose, queste letture, possono anche essere poco comprensibili.
Quindi perché rileggerle dopo tanti anni?
Due motivi: il primo, ovviamente, è che il 2021 è il settecentenario della morte di Durante Alighieri, e vista la considerazione che il Mondo ha di lui, vale la pena rendergli omaggio.
Il secondo è che un paio di autunni fa è scomparso il mio prof del liceo, il mitico Zio Teddy, che su Dante ne sapeva tanto e che riusciva ad appassionarci alla Commedia come a tutto quello che ci spiegava.
Col senno di oggi mi rendo conto che è vero: questa è la prima opera (incompiuta) di teoria della lingua italiana. Dante ci presenta le lingue dalla caduta di babele alla disposizione delle nazioni eredi del latino, per concentrarsi sugli idiomi della penisola italiana. Ne conta 14 (in realtà ne conta almeno 17 ma ne considera solo 14) e nella sua teoria di una lingua italiana che deve essere illustre, cardinale, aulica e curiale elenca i motivi per cui nessuno di questi sia adatto. Sì, il migliore probabilmente è il bolognese, ma nessuno è adatto a diventare lingua nazionale, men che meno il suo toscano o fiorentino. Questo lo specifico perché in tanti credono che Dante invece reputasse il fiorentino migliore, mentre in diversi passaggi di tante sue opere esprime opinione fermamente contraria. In effetti fu il Manzoni che caldeggiò (a torto, ché il Fermo e Lucia suonava molto meglio) lo sciacquar i panni in Arno, mica il buon Dante.
Il secondo libro, che s'interrompe sul più bello, è probabilmente quello meno noto. Lì Dante spiega cosa intenda per lingua illustre e ci spiega la canzone e i suoi modi, la metrica e gli argomenti da trattare.
Oggi questa cosa può far sorridere, ma all'epoca di Dante le opere erano spesso cantate con melodie in sottofondo. Era musica leggera (Dante perdonami) e quindi, visto il successo di Dante, nel suo secolo in Italia era uno scrittore di canzoni che oggi sarebbe considerato più grande di Vasco e dei Pooh messi assieme.


Tre stelle, perché non è per nulla una opera semplice da leggere.